
Autore: Marcello D’Orta
Edito da Oscar Mondadori
Pubblicato nel 1990
Pag. 142
DESCRIZIONE DEL LIBRO
La vita quotidiana in famiglia e a scuola, le esperienze vissute e le speranze per il futuro di tanti bambini della periferia napoletana. Così come le hanno raccontate nei loro temi: con impietosa innocenza, con paradossale umorismo. E, bisogna dirlo, con sovrana indifferenza per le regole della grammatica e della sintassi. Un libro anomalo e bellissimo, tragico e scanzonato. Da leggere con la tenerezza dovuta a dei bambini nati e cresciuti in un angolo poco fortunato del nostro Paese. Ma anche da gustare golosamente perché ogni tema, ogni pagina ha il raro sapore della spontaneità. Un caso letterario, un bestseller da un milione di copie.
RECENSIONE
“La mia casa è tutta sgarrupata, i soffitti sono sgarrupati, i mobili sgarrupati, le sedie sgarrupate, il pavimento sgarrupato, i muri sgarrupati, il bagnio sgarrupato. Però ci viviamo lo stesso, perché è casa mia, e soldi non cene stanno.
Mia madre dice che il Terzo Mondo non tiene neanche la casa sgarrupata, e perciò non ci dobbiamo lagniare: il Terzo Mondo è molto più terzo di noi!”.
Carissimi Amanti dei libri,
mentre l’editoria sforna decine di libri ogni mese io vado controcorrente e vi porto all’attenzione un libro dimenticato da alcuni e sconosciuto per altri. Un libro che ha segnato la storia con la sua esplosiva innocenza e con la bellezza della genuinità dei bambini.
“Io speriamo che me la cavo” contiene una valanga di verità scritte con la matita innocente dei bambini…
Chi di noi non ha mai sorriso leggendo i temi dei bambini? Ma attenzione, quelli contenuti nel libro non sono temi come gli altri, qui i temi racchiudono un cataclisma di tenerezza, ironia, genialità e amarezza tutta napoletana… dove i 61 temi esprimono tutta la bellezza di un popolo che non si può che amare. I temi dei bambini in “Io speriamo che me la cavo” sono molto più che testi redatti per la scuola e per i compiti in classe, sono delle vere e proprie confessioni in miniatura.
Il maestro Marcello D’Orta, l’autore del libro, ci regala un piccolo capolavoro composto dai temi dei suoi alunni, bambini tra gli 8 e i 10 anni, che hanno un vissuto spesso più profondo di quello di tanti adulti.
La particolarità di questo libro è che lo si legge con un sorriso, ma lo si finisce con un nodo in gola o piangendo… come ho fatto io, perché è impossibile restare insensibili alle parole di questi bambini.
I piccoli autori dei temi nei loro testi parlano di sogni impossibili, di povertà, di lavoro minorile, di famiglie con grossi problemi, ma lo fanno con una sincerità che spiazza e con una tenerezza disarmante che quasi fa pentire di avere riso o sorriso.
Al di là delle loro parole ci sono storie di grande sofferenza, forse troppo grande perché loro lo capiscano, eppure ci si trovano in mezzo ogni giorno.
Il titolo stesso, “Io speriamo che me la cavo”, è una sintesi geniale e azzeccata di quanto si ritrova tra le pagine: l’italiano che zoppica, il futuro senza certezze, ma anche la grandissima voglia di sperare che emerge dalle parole. Questa frase potrebbe essere la frase da tatuare per chi conosce bene l’arte di arrangiarsi e la speranza testarda nell’andare avanti… giorno dopo giorno!
Nelle parole dei bambini c’è la certezza che conoscano bene l’arte della sopravvivenza.
Nei temi troviamo il racconto di chi ha i genitori in carcere o di chi ha la madre che deve lavorare tutto il giorno, c’è chi ha paura dei topi grossi come gatti che razzolano in casa e chi vuole fare il pizzaiolo per poter mangiare.
E poi ci sono quelle frasi sgrammaticate che fanno tenerezza, frasi che diventano perle linguistiche e che hanno un qualcosa di speciale… al di là della grammatica inesistente.
Gli errori diventano poesia, arte, meraviglia…
Il libro è una fotografia del Sud.
Non è un trattato sociologico, ma è più tagliente di qualunque statistica esistente.
È uno scorcio di Napoli, ma non quella delle cartoline belle che rappresentano il Vesuvio sullo sfondo: è la Napoli più nascosta, quella dei vicoli, delle madri che urlano dalla finestra, quella della semplicità, di una quotidianità che si ripete all’infinito, quella delle cartelle vuote e dei sogni pieni di speranze.
Il maestro D’Orta ci regala i temi così come sono stati scritti dai bambini: senza correzioni, senza giudizi, senza aggiungere o togliere nulla. Lascia che questi piccoli scrittori esprimano la loro essenza. Non c’è pietismo, c’è solo tanta indicibile umanità che scorre tra le righe, che trasborda da ogni tema, che emerge tra le righe “storte”.
Sì, il libro è datato.
Il libro è del 1990.
Ma quanto è attuale credo di avervelo fatto comprendere.
Anzi, se guardate bene la realtà odierna è attualissimo davanti al divario sempre più evidente tra nord e sud, tra persone colte e persone che non potranno mai accedere alla cultura o sperare di iscriversi all’università. Così come dal punto di vista sociale… il divario cresce e rischia di frammentare il Paese.
Ve lo consiglio se credete che i bambini abbiano tanto da dirci e da raccontarci… spesso loro sono più capaci di noi di cogliere la realtà. Ironia e amarezza si mescolano ma possono convivere e lasciare un segno indelebile e questo libro ce lo dimostra.
“Io speriamo che me la cavo” dovrebbe essere adottato nelle scuole, nelle università e in ogni luogo dove la cultura cerca lo spazio per diffondersi… perché ci sono storie che sono come dei romanzi scritti da mani sporche di cioccolato e da cuori innocenti che tanto han da insegnarci sulla vita e su ciò che stiamo lasciando ai più giovani.
Se non lo hai ancora letto, leggilo!
Riderai, sorriderai, poi ci rifletterai…
Probabilmente, alla fine piangerai.
E sarà un pianto che nasce dall’innocenza di parole che esprimono verità che non sappiamo scorgere.
Bello, bello, bello!
Troppo bello per lasciarlo in quel mercatino dove ho ritrovato questa perla.
Ve lo consiglio, di cuore!
Roberta Salis
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